Ivan Illich sulla scuola

«Ricchi e poveri dipendono nella stessa maniera da scuole e ospedali che governano la loro vita, plasmano la loro visione del mondo e stabiliscono per conto loro che cosa è legittimo e che cosa non lo è. Ricchi e poveri concordano nel ritenere che il curarsi da soli sia segno d’irresponsabilità, che lo studiare da soli non dia sicurezza e che qualunque iniziativa comunitaria, se non è pagata dalle autorità competenti, sia una forma di aggressione o di sovversione. Essendo condizionati dalle istituzioni, entrambi i gruppi guardano con sospetto a ciò che si realizza indipendentemente da esse.»

Ivan Illich, Descolarizzare la società

Intervista a Pär Ahlbom

Intervista a Pär Ahlbom

tratta dalla rivista «Erziehungskunst» (Arte dell’educazione)

traduzione di Fabio Alessandri

Mathias Maurer: Was ist Intuitive Pädagogik, Herr Ahlbom?

Mathias Maurer: Che cos’è la pedagogia intuitiva, signor Ahlbom?

Pär Ahlbom: Wenn Wahrheit als Tätigkeit gedacht werden kann, schimmert die echte Bedeutung von Intuition durch. Es ist 40 Jahre her, da wollte ich mit ein paar Freunden – alles junge Antroposophen –, die frustriert waren von ihren eigenen schlechten Erziehungs- und Schulerfahrungen, in Järna eine neue Schule machen. Dort sollten die Kinder eine lebendige, menschliche Wirklichkeit vorfinden, sich geborgen fühlen und sich autonom entwickeln können.

Pär Ahlbom: Se la verità può essere pensata come attività, allora in essa balugina il vero significato dell’intuizione. Quarant’anni fa, con un paio di amici – tutti giovani antroposofi, frustrati dalle loro cattive esperienze in campo educativo e scolastico – volevo fondare una scuola nuova a Järna, nella quale i bambini potessero trovare una realtà umana vivente, sentirsi protetti e sicuri e potersi sviluppare in autonomia.

Unsere Ausgangspunkte waren dabei zum einen Rudolf Steiners pädagogische Ideen, zum anderen eigene musikalische Erfahrungen; daraus entwickelten sich zahlreiche künstlerische Übungen, die die Grundfragen des Lebens bewegen und weit über das Schulleben hinausreichen. Wir wollten die Intuition durch praktische Übungen wachrufen; Freude und die Bereitschaft, spielerisch mit den eigenen Grenzen und Blockaden umzugehen, gehören dazu. Dieser Ansatz kann die Fähigkeit stärken, auch schwierigen Situationen mit authentischer Lebendigkeit zu begegnen.

I nostri punti di partenza erano da un lato le idee pedagogiche di Rudolf Steiner, dall’altro le nostre esperienze musicali. A partire da ciò si svilupparono numerosi esercizi artistici che andavano a toccare le questioni più importanti della vita e che andavano ben al di là della semplice vita scolastica. Noi volevamo risvegliare l’intuizione per mezzo di esercizi pratici, sviluppando disponibilità e gioia nel confrontarsi con i propri limiti e i propri blocchi. Questo punto di partenza può rinforzare la capacità di andare incontro a situazioni anche difficili con autentica vivacità.

MM: Rudolf Steiner beschreibt den Weg zur pädagogischen Intuition als Dreischritt: Der Lehrer macht sich ein gesättigtes Bild vom Kind, dann meditiert er dieses Bild in Seelenruhe und nimmt es mit in die Nacht. Dadurch ist er spirituell offen für eine Intuition, die sich am nächsten Tag im Unterricht als der richtige Einfall im richtigen Moment äußert. Sie scheinen einen anderen Weg zu gehen.

MM: Rudolf Steiner descrive il cammino verso l’intuizione pedagogica in tre passi: l’insegnante si fa un’immagine viva del bambino, poi medita su di essa nella calma dell’anima e la porta con sé nella notte. Grazie a ciò è aperto all’intuizione che il giorno seguente si manifesta come l’idea giusta nel momento giusto durante la lezione. Ciò sembra indicare una via diversa da quella da lei descritta.

PA: Ich würde lieber sagen, wir gehen keinen anderen Weg, sondern nur den gleichen Weg anders. Denn ich habe gemerkt, dass wir heutzutage mehr und mehr praktisch-leiblich üben müssen, um dem »Kindlichen« näherzukommen. Durch Schulung kann sich jeder Mensch vor allem auf künstlerischem und kommunikativem Feld diesen Zugang neu erschließen. Sie ist in jedem Menschen als Anlage vorhanden, muss aber angeregt werden, um sich zu entfalten.

PA: Io preferirei direi che non percorriamo una via diversa, ma la stessa in un altro modo. Questo perchè ho notato che oggi dobbiamo esercitarci sempre più in modo pratico -corporeo, per riuscire ad avvicinarci all’elemento infantile. Ognuno può aprirsi un cammino nuovo verso questo elemento soprattutto attraverso un’educazione in campo artistico e comunicativo. Una simile possibilità è presente in ciascuno di noi in forma latente, ma deve essere stimolata per potersi sviluppare.

Während bei Steiner in erster Linie der Wille und das Denken des Erwachsenen angesprochen wird, versuchen wir vor allem den Willen und das Gefühl anzusprechen. Ein Beispiel, das jeder kennt: Im Leben nähert man sich immer wieder einem Punkt, an dem man an seine eigenen Grenzen stößt. Dort auszuhalten und übend sich kennenlernen, lässt uns in solchen anscheinend hoffnungslosen Situationen über unsere bisherigen Begrenzungen hinauswachsen und handlungsfähig bleiben.

Mentre Steiner fa appello principalmente alla volontà e al pensare dell’adulto, noi cerchiamo soprattutto di fare appello alla volontà e al sentimento. Faccio un esempio che tutti conoscono: nella vita ci si avvicina sempre di nuovo ad un punto nel quale si va a cozzare contro i propri limiti. Soffermarsi su ciò e imparare a conoscersi esercitando là dove abbiamo difficoltà ci consente in situazioni apparentemente prive di speranza di crescere oltre le nostre attuali limitazioni e di mantenerci sempre capaci di azione.

MM: Und Sie meinen, da können wir etwas von den Kindern lernen?

MM: E lei ritiene che in ciò noi possiamo imparare qualcosa dai bambini?

PA: Ja. Wenn wir Erwachsenen auch so neugierig spielen und üben wie Kinder, bilden wir nicht nur an unserem eigenen Selbst, sondern auch an einer Kulturerneuerung, die aus einem solchen – ich nenne es primären Leben – hervorgehen kann. Das meinte Schiller, als er sagte: »Der Mensch spielt nur, wo er in voller Bedeutung des Wortes Mensch ist, und er ist nur da ganz Mensch, wo er spielt.« Kinder spielen sich ins Leben und entwickeln daraus Wesentliches und Prägendes für ihr Leben. Die pädagogischen Hemmnisse, wozu ich pädagogische Vorstellungen, Routine, eigene Blockaden als Pädagoge und so weiter zähle, behindern das Kind in seiner Entwicklung. An deren Auflösung können wir arbeiten, auch wenn dies durch peinliche Abgründe führt. Die Kinder atmen solche Bemühungen der Erwachsenen ein und wachsen dadurch lieber in ihr eigenes Schicksal hinein.

PA: Si. Se noi adulti giochiamo e ci esercitiamo con curiosità come bambini, non solo formiamo il nostro proprio Sé, ma contribuiamo anche a quel rinnovamento della cultura che può derivare da ciò che io chiamo «vita primaria». Questo intendeva Schiller quando diceva: «L’essere umano gioca solo là dove è uomo nel pieno senso della parola, ed è veramente un essere umano solo quando gioca». I bambini entrano nella vita giocando e grazie a ciò sviluppano quello che nella loro vita è essenziale e pregnante. Gli impedimenti pedagogici [dell’adulto], tra i quali io annovero le rappresentazioni pedagogiche, le routine, i propri blocchi di pedagogo e così via, ostacolano il bambino nel suo sviluppo. Noi possiamo lavorare perché tale sviluppo venga liberato da ciò che lo ostacola, anche se questo ci conduce attraverso un cammino doloroso. I bambini «inspirano» questi sforzi degli adulti e ciò permette loro di crescere meglio nel loro destino proprio.

MM: Was zeigt sich in den Übungen mit den Teilnehmern?

MM: Cosa si mostra negli esercizi con i partecipanti?

PA: In den einfachsten Körperübungen zeigen sich sehr schnell die Hinderungen eines Menschen. Ich baue zum Beispiel einen Turm aus Bänken oder Tischen auf, der auf einer dicken Matte steht. Steige ich hinauf, merke ich, dass das eine wackelige Angelegenheit ist, je höher desto wackeliger. Unser Körper reagiert darauf mit Bewegungen; er ist unser weisestes Wesensglied, denn er ist die Grundlage all unserer Begriffe, und am Anfang jeglichen Lernens steht das Begreifen. An ihm zeigen sich buchstäblich unsere Gestalt gewordenen Angst- und Vorstellungsblockaden – und die wirken unbewusst auf jedes Kind! Ich kann sogar sagen, dass die Stimmung eines Kollegiums sich in der Stimmung der gesamten Schule widerspiegelt.

PA: Nei più semplici esercizi corporei si mostrano molto rapidamente gli impedimenti di una persona. Io ad esempio costruisco una torre con delle panche o dei tavoli su un materasso spesso. Se ci salgo mi accorgo che è instabile, più salgo e più e instabile. Il nostro corpo reagisce con dei movimenti, è il più saggio dei nostri arti costitutivi, poiché è il fondamento di tutti i nostri concetti e all’inizio di qualsiasi apprendimento c’è il comprendere mediante concetti. Nel corpo si mostrano letteralmente le nostre paure e i nostri blocchi rappresentativi trasformati nella nostra figura ed essi agiscon inconsciamente su ogni bambino! Posso dire addirittura che l’atmosfera caratteristica di un collegio insegnanti si rispecchia nell’atmosfera di tutta la scuola.

Dazu gehören alle Arten von Aus­bildungsideologien – auch die waldorfpädagogische. Viele Pädagogen sind psychologisch völlig unbewandert, vor allem in Bezug auf sich selbst. In der Lehrerbildung fehlt es oft an der Ausbildung einer Gefühlskultur. Unsere Arbeit will also zu einer unmittelbaren Selbsterfahrung und einem authentischen Umgang mit Signalen führen, die wir permanent aussenden.

A ciò appartengono anche tutti i tipi di ideologie formative – comprese quelle pedagogiche Waldorf. Molti pedagogisti sono psicologicamente del tutto impreparati, soprattutto in relazione a se stessi. Nella formazione degli insegnanti spesso manca una formazione della cultura del sentimento. Il nostro lavoro vuole invece condurre ad un’esperienza diretta di sé e ad una autentica capacità di confrontarsi con i messaggi che noi di continuo inviamo agli altri.

MM: Das mag man »theoretisch« nachvollziehen, aber wie verändert der Mensch seine Verhaltensmuster tatsächlich?

MM: È un pensiero che si può seguire in linea teorica, ma come può la persona modificare effettivamente i suoi schemi di comportamento?

PA: Besonders die Arbeit an den Körper-Sinnen, wie zum Beispiel dem Tastsinn, dem Eigenbewegungssinn, dem Lebens­sinn oder dem Gleichgewichtssinn, führt uns näher an den Zustand der Gegenwärtigkeit, in dem die Kinder noch selbstverständlich leben. Dabei kommen wir oftmals an tiefere Gefühlsschichten, es brechen Ängste auf, Wut und Trauer kommen hoch. Um uns zu öffnen und bereit zu sein, uns zu entwickeln, benötigen auch wir Erwachsene Vertrauen, Schutz und Geborgenheit – wie die Kinder. Unser primäres Leben findet immer im Hier und Jetzt statt und ist nicht auf Effektivität, Nützlichkeit und Funktionalität ausgerichtet. Um darin etwas zu verändern, brauchen wir mehr energische Pausen und »fließende Resignation« (Steiner).

PA: Il lavoro ai sensi corporei, come per esempio il senso del tatto, quello del proprio movimento, il senso della vita o il senso dell’equilibrio, ci avvicina a quella condizione di presenza nella quale i bambini vivono ancora spontaneamente. Facendo questo entriamo spesso in contatto con strati profondi della nostra vita di sentimento, emergono ansie, collera e tristezza. Per aprirci e per essere pronti ad evolverci, anche noi adulti abbiamo bisogno di fiducia, protezione e senso di sicurezza, come i bambini. La nostra vita primaria si svolge sempre nel qui e ora e non è orientata né alla funzionalità, né all’utilità, né all’operatività. Per modificare qualcosa in tutto ciò abbiamo bisogno di pause più «energiche» e di una «rassegnazione fluida» (Steiner).

MM: Wie bilden wir diese Gefühlskultur aus?

MM: Come possiamo creare questa cultura del sentimento?

PA: Wir erreichen dies dadurch, dass wir direkt aus unseren Erfahrungen an den Übungen heraus miteinander sprechen und nicht »über« die Übungen. Und indem wir immer weiter an dem selben bleiben, nicht aufsteigen durch Stufen oder »Klassen«. Diese Fortbildung garantiert nichts. Die Entwicklung geschieht individuell durch vertiefende Wiederholung. Jeder kann das verpassen. Den Zugang zu der eigenen Kraft und Lebensfreude finden wir nur über das Gefühl. Haben wir ihn verloren, führt das zu Burnout. Aber in diesem Bereich sind wir meist Analphabeten, nahezu primitiv. Humor und Improvisation sind auf diesem Lernweg unsere besten Begleiter.

PA: Ci arriviamo parlando insieme di ciò che abbiamo sperimentato direttamente nel fare gli esercizi, senza fare discorsi «sugli» esercizi. Inoltre ritornando sempre di nuovo allo stesso elemento, senza voler salire a gradini o «class»i superiori. Questo genere di aggiornamento non ci garantisce nulla. L’evoluzione avviene individualmente per mezzo di ripetizioni che consentono l’approfondimento. Ognuno di noi può farsi sfuggire qualcosa in questo senso. Ci è possibile trovare la nostra propria forza e la gioia di vivere solo per mezzo del sentimento. L’aver perduto il sentimento ci porta al burnout. Ma in questo campo siamo abbastanza analfabeti e piuttosto primitivi. Su questo cammino di apprendimento  l’umorismo e l’improvvisazione sono i migliori compagni di viaggio.

MM: Was heißt das konkret für die Schule, wie verändert sie sich?

MM: Questo per la scuola cosa significa in concreto, come si trasforma?

PA: Man verabschiedet sich von der Illusion eines Klassenverbandes, und es ist wirklich eine Kunst individuell und gleichzeitig für eine ganze Gruppe zu unterrichten. Dann die Zusammenarbeit mit den Kollegen – besonders mit den Anders­denkenden.

PA: Significa che si abbandona l’illusione di poter avere una classe come corpo unico e si scopre che è veramente un’arte quella di fare lezione allo stesso tempo individualmente e a un gruppo intero. C’è poi anche la collaborazione con i colleghi, in particolare con quelli che la pensano diversamente da noi.

Toleranz ist etwas Altes, aber mit dem Gegner zusammenarbeiten ist neu. Dafür braucht es vorbehaltloses Interesse – wie bei Kindern. Bei gesunden Prozessen sind Ergebnisse immer eine Art »positiver Abfall«. Kinder sind hier und jetzt. Das sollten die Erwachsenen von ihnen lernen.

La tolleranza è qualcosa di vecchio, ma lavorare con il proprio oppositore è nuovo. Per fare ciò c’è bisogno di quell’interesse incondizionato che troviamo nei bambini. Nei processi sani i risultati sono sempre una specie di «spazzatura positiva». I bambini sono qui e ora, questo dovrebbero imparare gli adulti da loro.

 

Etty e l’autonomia interiore

21 ottobre 1941

La nascita di un’autentica autonomia interiore è un lungo e doloroso processo: è la presa di coscienza che per te non esiste alcun aiuto o appoggio o rifugio presso altri, mai. Che gli altri sono altrettanto insicuri, deboli e indifesi. Che tu dovrai essere sempre la persona più forte. Non credo che tu sia il tipo da trovare queste cose in un altro. Sei sempre da capo rimandata a te stessa. Non c’è nient’altro, il resto è finzione. Ma doverlo riconoscere, ogni volta! Soprattutto come donna. Hai pur sempre un gran desiderio di perderti in un altro. Ma anche questa è una favola, seppur bella. Due vite non possono combaciare. Per lo meno non per me. Può succedere in alcuni momenti: ma quei momenti giustificano una vita in comune, possono tenerla insieme? Però è un sentimento forte anche quello, talora felice. Sola, Dio mio. È dura. Perché il mondo è inospitale. Ho un cuore molto appassionato, ma mai per una persona sola: per tutte le persone. È un cuore molto ricco, io credo. Una volta pensavo sempre che lo avrei dato tutto a una persona sola: ma è impossibile. E quando, a ventisette anni, si arriva a “verità” così dure, ci si sente a volte disperati, soli e impauriti, ma anche indipendenti e orgogliosi. Sono affidata a me stessa e dovrò cavarmela da sola. L’unica norma che hai sei tu stessa, lo ripeto sempre. E l’unica responsabilità che puoi assumerti nella vita è la tua. Ma devi assumertela pienamente.

(Etti Hillesum, Diario)

Quando si dice «amore»

«Quanto all’amore, l’uomo soggiace nel senso più elevato ad una grande illusione ed ha ancor più bisogno di essere corretto che non per quanto concerne le comuni simpatie e antipatie del sentire. Per quanto singolare appaia alla coscienza comune è infatti assolutamente vero che l’amore che sorge fra essere umano ed essere umano, se non è amore spiritualizzato, in realtà non è amore come tale, ma è l’immagine che ce ne facciamo e generalmente non è altro che una terribile illusione; nella vita normale l’amore è assai raramente spiritualizzato, ed ora non parlo dell’amore sessuale o basato sulla sessualità, ma dell’amore in generale fra essere umano ed essere umano. L’amore che un essere umano crede di sviluppare per un altro – così è nella vita normale – non è generalmente che amore per se stessi. Un essere umano crede di amarne un altro, ma nell’amore ama in realtà solo se stesso. Si vede qui una fonte di un elemento antisociale che inoltre deve essere sorgente di una spaventosa auto-illusione. Si può infatti credere di avere un amore travolgente per un altro essere umano, ma in realtà non si ama l’essere umano, ma l’essere collegati con l’altro nella propria anima. In realtà si ama la felicità che si sente nella propria anima in relazione con l’altro essere umano, quel che si sente in sé per lo stare insieme all’altro, il fare per esempio una dichiarazione d’amore. Si ama in tutto e per tutto se stessi, accendendo questo amore per se stessi nel rapporto con l’altro.

Questo è un importante mistero della vita. È di immensa importanza, perché nella illusione relativa a tale amore, che si crede essere amore ma che in realtà è solo amore per se stessi, egoismo, egoismo mascherato – e di gran lunga la maggior parte dell’amore che agisce tra essere umano e essere umano e che viene chiamato amore non è altro che egoismo mascherato –, in questa illusione sta la sorgente degli impulsi antisociali più grandi ed estesi che si possano immaginare. A causa di questo amore per se stessi che si maschera di amore, l’uomo è appunto un essere antisociale nel senso più ampio. L’uomo è appunto un essere antisociale perché si nasconde in se stesso. E si nasconde in se stesso al massimo grado quando non sa, o non vuole sapere, di questo essere nascosto in sé.»

 

( da  Esigenze sociali dei tempi nuovi  di Rudolf Steiner, Editrice Antroposofica Milano, pag, 93)

Simone Weil e il Padre Nostro

Fino al settembre scorso non mi era mai capitato in vita mia di pregare, neppure una volta, almeno nel senso letterale della parola. Mai avevo rivolto la parola a Dio, nè a voce alta nè mentalmente. Mai avevo pronunciato una preghiera liturgica. Mi era capitato talvolta di recitare la Salve Regina, ma soltanto cone una bella poesia.

L’estate scorsa, quando studiavo greco con T., avevo fatto per lui una traduzione letterale del Padre nostro in greco. Ci eravamo ripromessi di studiarlo a memoria. Credo che lui non l’abbia fatto, e neppure io in quel momento. Ma qualche settimana dopo, sfogliando il Vangelo, mi sono detta che poiché me l’ero ripromesso ed era una buona cosa, dovevo farlo. E l’ho fatto. La dolcezza infinita del testo greco mi prese a tal punto che per alcuni giorni non potei fare a meno di recitarlo fra me continuamente. Una settimana dopo cominciò la vendemmia, ed io recitai il Padre nostro in greco ogni giorno prima del lavoro, e spesso lo ripetevo nella vigna.

Da allora mi sono imposta, come unica pratica, di recitarlo ogni mattina con attenzione totale. Se mentre lo recito la mia attenzione si svia o si assopisce, anche solo un poco, ricomincio daccapo sino a quando non arrivo a un’attenzione assolutamente pura. Mi accade talvolta di ripeterlo una seconda volta per puro piacere, ma lo faccio solo se il desiderio mi spinge.

Il potere di questa pratica è straordinario e ogni volta mi sorprende, poiché, sebbene lo sperimenti tutti i giorni, esso supera ogni volta la mia attesa.

Talora già le prime parole rapiscono il pensiero dal mio corpo e lo trasportano in un luogo fuori dallo spazio, dove non esiste nè prospettiva nè punto di vista. Lo spazio si apre.  L’infinità dello spazio ordinario della percezione viene sostituita da un’infinità alla seconda e talvolta alla terza potenza. Nello stesso tempo, questa infinità dell’infinità si riempie, in tutte le sue parti, di silenzio, ma di un silenzio che non è assenza di suono bensì l’oggetto di una sensazione positiva, più positiva di quella di un suono. I rumori, se ve ne sono, mi pervengono solo dopo avere attraversato questo silenzio.

Talvolta anche, mentre recito il Padre nostro oppure in altri momenti, Cristo è presente in persona, ma con una presenza infinitamente più reale, più toccante, più chiara, più colma d’amore della prima volta in cui mi ha presa.

Non mi sarei mai risolta a dirvi tutto questo, se non stessi per partire. E poiché in fondo parto con il pernsiero di una morte probabile, mi sembra di non avere diritto di tacere queste cose. Poiché, dopotutto, non si tratta di me: si tratta solo di Dio, io non c’entro per nulla. Se si potesse supporre che Dio può sbagliare, direi che tutto ciò è capitato a me per errore. Ma forse Dio si compiace di utilizzare le scorie, gli scarti, i rifiuti.

[Simone Weil, Attesa di Dio, Rusconi 1972, pag 45-46]

Simone Weil e il Cristo

Mai i suoi mal di testa erano stati così violenti come nel 1938. Lo furono particolarmente verso la fine dell’anno. Fu allora credo che, temendo di avere un tumore al cervello, andò a consultare uno specialista, il chirurgo Clovis Vincent. Mentre asepttava in anticamera disse ai suoi: «Se consiglia un’operazione, voglio che la si faccia il più presto possibile». Sua madre tentò un’obiezione. Simone la guardò e disse: «Vuoi dunque che io peggiori sempre più?». Temeva la follia più di ogni altra cosa al mondo. (…) Il consulto fu inutile: Clovis Vincent non trovò la causa del male e di conseguenza neppure il rimedio.

Nei momenti più dolorosi Simone recitava spesso Love, applicando a questa poesia tutta la sua attenzione e aderendo con tutta la sua anima alla tenerezza che vi è racchiusa.

    Amore mi diede il benvenuto; ma l’anima mia si ritrasse,

    Di polvere macchiata e di peccato.

    Ma Amore dal rapido sguardo, vedendomi esitante

    Sin dal mio primo entrare,

    Mi si fece vicino, dolcemente chiedendo

    Se di nulla mancassi.

 

    Di un ospite, io dissi, degno di essere qui.

    Amore disse: Quello sarai tu.

    Io, lo scortese e ingrato? O, amico mio,

    Non posso alzare lo sguardo su Te.

    Amore mi prese la mano e sorridendo rispose:

    E chi fece gli occhi se non io?

 

    E’ vero, Signore, ma li macchiai: se ne vada la mia vergogna

    Là dove merita andare.

    E non sai tu, disse Amore, chi portò questa colpa?

    Se è così, servirò, mio caro.

    Tu siederai, disse Amore, per gustare della mia carne.

    Così io sedetti e mangiai.

        [George Herbert, 1593-1633]

«Credevo di recitarla solo come una bella poesia, ma a mia insaputa quella recita aveva la virtù di una preghiera». Una volta, probabilmente a metà novembre, mentre la recitava, avvertì la presenza del Cristo: «Una presenza più personale, più certa, più reale di quella di un essere umano» scriverà a Joë Bousquet. Non fu un’apparizione. Dirà a padre Perrin: «In quell’improvviso imperio del Cristo su di me, nè i sensi, nè l’immaginazione hanno avuto alcuna parte; ho solo sentito, attraverso la sofferenza, la presenza di un amore analogo a quello che si legge nel sorriso di un volto amato».

     Quanto questo avvenimento l’avesse sorpresa e quanto poco vi fosse preparata, lo dirà sia a padre Perrin che a Joë Bousquet (con me non ne parlò mai). «Nei miei ragionamenti sull’insolubilità del problema di Dio non avevo previsto la possibilità di un contatto reale, da persona a persona, quaggiù, fra un essere umano e Dio. Avevo vagamente sentito parlare di cose simili, ma non vi avevo mai creduto. Nei Fioretti i racconti di apparizioni mi infastidivano più di ogni altra cosa, come i miracoli nel Vangelo… Non avevo mai letto i mistici… Dio mi aveva misericordiosamente impedito di leggere i mistici, affinché mi fosse evidente che non l’avevo fabbricato io questo contatto del tutto inatteso».

    (Simone Petrement, La vita di Simone Weil, Adelphi 1994, pag. 439-441)