Chi produce qualità può farlo grazie alle conoscenze che ha sviluppato in relazione al campo in cui opera. La possibilità di promuovere la qualità in un ambito qualunque dipende anzitutto dal talento del singolo, valorizzato per mezzo dell’educazione e dell’in-segnamento. Tutti quelli che, avendo sviluppato liberamente le proprie capacità e conquistato conoscenze adeguate, lavorano per produrre qualità, si accorgono però che per consentire alla qualità di af-fermarsi è necessario affrontare problemi politici ed economici che vanno al di là del loro ambito specifico di attività. Così i medici non convenzionali che prescrivono rimedi naturali si scontrano con gli interessi delle grandi case farmaceutiche, i ricercatori soffrono per i tagli statali ai fondi per la ricerca, gli agricoltori biologici cercano di difendere la biodiversità recuperando le sementi antiche che lo stato, condizionato da interessi economici, ha messo fuorilegge, gli insegnanti perdono tempo in pratiche burocratiche imposte dal ministero e senza le quali potrebbero lavorare di più e meglio e così via. In generale si riscontra che in qualsiasi campo gli interessi politici ed economici impediscono lo svilupparsi di una cultura e di un’educazione veramente libere. Appare allora chiaro che non basta produrre qualità nel proprio settore, ma che bisogna lavorare perché i rapporti reciproci tra cultura, politica ed economia vengano ridefiniti, creando un’alternativa di sistema capace di veicolare adeguatamente la qualità che viene prodotta nei settori particolari. Diversamente la qualità rischia di rimanere un fenomeno isolato, destinato a un piccolo gruppo di persone. Ma da dove cominciare?
Il problema della qualità, come abbiamo detto, dipende prima di tutto dalla giusta cura dei talenti individuali attraverso l’educazione e l’insegnamento. Grazie a questa cura nuove idee e nuovi impulsi possono riversarsi nella comunità, trasformando l’organismo sociale in tutti i suoi settori. Perché ciò avvenga si devono anzitutto sviluppare forme di cultura libere. La libertà d’insegnamento è possibile solo se la scuola non è assoggettata né allo stato, né all’economia. Ma come può sostenersi una simile scuola? È necessario che parte dei capitali accumulati nell’attività economica – che normalmente vengono reinvestiti per ottenere un profitto, spesi per generi di lusso, o immobilizzati nelle proprietà fondiarie e immobiliari – vengano invece destinati, come donazioni, a iniziative culturali capaci di promuovere una vita spirituale libera. Bisogna però che questo avvenga in modo consapevole, imparando prima di tutto a distinguere il denaro di donazione da quello di prestito e da quello di scambio.
Il denaro di scambio appartiene alla sfera economica; in essa si scambiano beni-merce con denaro-merce, così che ciascuno, cercando la soddisfazione del proprio bisogno, scambia un valore con un altro valore. Il denaro di prestito appartiene alla sfera politico-giuridica; in essa prestando denaro consentiamo a qualcuno di portare avanti la sua iniziativa e acquistiamo il diritto a riceverlo in restituzione con gli interessi. Il denaro di donazione appartiene alla sfera culturale-spirituale; grazie ad esso non si acquista nulla né si acquisisce qualche diritto, ma si permette ad altri di sviluppare liberamente i loro talenti.
Nella nostra vita ci rapportiamo di continuo a queste diverse forme di denaro, ma confondendole spesso tra loro e spinti prevalentemente dalla logica del tornaconto personale: negli scambi ci occupiamo di avere il massimo della qualità col minimo di spesa; nel prestare il denaro ci preoccupiamo di avere il massimo tasso di interesse possibile; nel regalare denaro guardiamo per lo più al ritorno di immagine o alla causa che sosteniamo, senza prendere in considerazione se i beneficiari della nostra donazione ne sapranno fare un uso significativo per la comunità e se loro abbiano un giusto rispetto per la Terra e per l’Uomo.
Dobbiamo invece cominciare a interessarci non più solo della qualità delle merci, dei tassi d’interesse e delle giuste cause, ma degli esseri umani che producono le merci, garantiscono i tassi d’interesse e portano avanti le giuste cause. E dobbiamo farlo tenendo presente come la vita economica, quella politico-giuridica e quella culturale-spirituale debbano essere rispettivamente animate dai tre grandi ideali di uguaglianza, giustizia e libertà, imparando a mettere sempre al centro della nostra attenzione le persone e il loro modo di lavorare per la comunità. Solo così potremo contribuire sensatamente al rinnovamento sociale di cui oggi sentiamo tutti la necessità.