«La filosofia della libertà» di Rudolf Steiner

COME LEGGERE  LA FILOSOFIA DELLA LIBERTA’  DI RUDOLF STEINER?

di Fabio Alessandri

                               “L’antroposofia è una via di conoscenza…”

                                (Rudolf Steiner, Massime antroposofiche)

Un giorno, intorno agli anni Venti del secolo scorso, chiesero a Rudolf Steiner che cosa della sua opera avrebbe resistito alla prova del tempo. La risposta fu: «Niente altro che La filosofia della libertà. Ma in essa è contenuto tutto il resto. Chi realizza l’atto di libertà in essa descritto trova l’intero contenuto dell’antroposofia» (citato in Fiducia nel pensare di Giancarlo Roggero, Tilopa 1995, pag 55). Di fronte a una simile affermazione le persone seriamente interessate alla ricerca scientifico-spirituale non possono che domandarsi cosa significhi realizzare l’atto di libertà di cui parla lo Steiner. Cercando nella sua opera ulteriori indicazioni al riguardo si trovano numerosi passi nei quali si dice che se La filosofia della libertà deve diventare ciò per cui è stata scritta, deve essere letta diversamente da come si legge un qualsiasi altro libro:

«Questa Filosofia della libertà non è scritta con la stessa intenzione con cui oggi vengono per lo più scritti libri. Oggi si scrivono libri con lo scopo di informare semplicemente l’interessato sul contenuto di ciò che viene comunicato, così che egli, a seconda delle conoscenze acquisite in precedenza, della sua formazione o della sua cultura scientifica, prenda atto di ciò che si trova contenuto nel libro. La mia Filosofia della libertà fondamentalmente non è affatto intesa in questo modo. Perciò non è proprio amata da chi di un libro vuole soltanto essere al corrente del contenuto. La mia Filosofia della libertà è intesa così che ci si deve conquistare pagina dopo pagina la propria attività pensante, in modo tale che il libro stesso sia solo una specie di partitura e che si debba leggere questa partitura in interiore attività di pensiero a partire da se stessi.» [Gesamtsausgabe 322, p.110[1]

Il primo passo quindi consiste nello sviluppare una modalità di lettura nuova. Il riferimento alla pratica musicale costituisce un’indicazione fondamentale che Steiner riprende in molte conferenze. Vediamo come possiamo intenderla.

Quando ascoltiamo con piacere un brano musicale, sperimentiamo un’emozione che non dipende dalla nostra attività cosciente e non ha niente a che fare con la conoscenza che abbiamo della musica. La musica fa risuonare in noi qualcosa di misterioso che ci appartiene profondamente, l’emozione che ci dà è paragonabile a quella data da un romanzo avvincente: ne siamo coinvolti, ma non potremmo certo scrivere noi stessi qualcosa di simile.

Le cose cambiano se vogliamo studiare musica. In questo caso non ci abbandoniamo alle nostre sensazioni, ma dirigiamo la nostra attenzione verso aspetti particolari dello studio come la melodia, il ritmo, l’armonia, la dinamica. In questo modo, attraverso la pratica e l’esercizio, cominciamo a percepire quanto prima sfuggiva alla nostra osservazione e a sviluppare la sensibilità grazie alla quale più tardi, applicandoci nello studio di uno strumento, cercheremo consapevolmente di far provare agli altri l’emozione che all’inizio provavamo noi stessi nell’ascolto.

La stessa esperienza può essere fatta in relazione alla scienza dello spirito. Leggendo o ascoltando quanto essa ha da dire si può provare un coinvolgimento per un certo verso simile a quello dato dall’ascolto di un brano musicale che ci emoziona. Se però vogliamo stabilire un rapporto cosciente con la dimensione spirituale e testimoniare efficacemente di ciò che la scienza dello spirito ha da dire, dobbiamo intraprendere uno studio simile a quello musicale. In altre parole dobbiamo esercitare l’attività di pensiero come ci eserciteremmo col violino o col pianoforte. Leggiamo un’altra indicazione dello Steiner:

«L’uomo può già arrivare molto lontano in relazione a questa catarsi se egli per esempio ha trattato e sperimentato tutto ciò che si trova nella mia Filosofia della libertà così interiormente da avere il sentimento che il libro sia stato per lui uno stimolo, ma che egli possa ora in verità riprodurre da sé i pensieri esattamente come si trovano in esso. Se qualcuno si comporta rispetto a questo libro come si comporta all’incirca un virtuoso nel suonare un pezzo al pianoforte nei confronti dell’autore del brano, così che egli produca l’insieme da se stesso – naturalmente nel modo corrispondente –, allora grazie alla sequenza di pensieri severamente articolata di questo libro può essere raggiunta già fino ad un grado elevato la catarsi. Infatti in simile cose, come in questo libro, ciò che conta appunto è che i pensieri siano tutti posti in modo da diventare efficaci.» [Gesamtsausgabe 103, p.195]

Come il virtuoso studia un brano musicale e arriva a ricreare senza leggere lo spartito ciò che era stato fissato sulla carta a partire da se stesso, così chi vuole realizzare l’atto di libertà descritto ne La filosofia della libertà deve esercitarsi a ricreare interiormente i pensieri in essa esposti. Questo è possibile solo se dopo aver letto ci si concentra in se stessi e si prova a ricostruire quanto è stato letto. Non si tratta di imparare a memoria il testo, ma di formulare interiormente i pensieri che ne sono alla base, approfonden-dosi in essi e verificando in che misura corrispondano a quanto il singolo sperimenta nella sua attività conoscitiva e morale.

Per procedere in questa direzione si tratta anzitutto di superare una difficoltà molto diffusa, dovuta al fatto che ognuno di noi si ritiene capace di pensare, pur non essendosi mai esercitato a farlo consapevolmente. Chi non si è mai esercitato nell’arte del pensare può solo esprimere concetti e idee sviluppati secondo abitudini di pensiero consolidate a partire da educazione e cultura dominante. Se invece ci si educa a pensare partendo dalla propria attività interiore e collegando consapevolmente pensiero a pensiero secondo nessi che appartengono al pensare stesso, si possono fare esperienze simili a quella qui di seguito descritta dallo Steiner:

«Ora immaginate di poter avere pensieri in puri flussi di pensiero. Allora arriva per voi il momento in cui avete condotto il pensare fino ad un punto al quale non ha più assolutamente bisogno di venir chiamato pensare. È diventato in un batter d’occhio – diciamo in un batter di pensiero – qualcos’altro. Di fatto questo pensare, chiamato a ragione «pensare puro», è diventato pura volontà; è assolutamente volere. Se siete progrediti in campo animico al punto di avere liberato il pensare dalla visione esteriore, allora in questo modo esso è diventato contemporaneamente pura volontà. Voi fluttuate, se mi è lecito dire così, col vostro elemento animico in un puro corso di pensieri. Questo puro corso di pensieri è un puro corso di volontà. Ma con ciò il puro pensare, addirittura lo sforzarsi per esercitarlo, comincia ad essere non solo un esercizio di pensiero, ma un esercizio di volontà, e per la precisione un esercizio che fa presa fin nel centro dell’uomo. Infatti voi farete questa notevole osservazione: solo ora potete parlare del fatto che il pensare, così come lo si conosce nella vita abituale, è un’attività della testa. Fino a questo momento non avete assolutamente alcun diritto di dire che il pensare è un’attività della testa, poiché voi lo sapete solo esteriormente dalla fisiologia, dall’anatomia e così via. Però ora sentite interiormente che non pensate più così in alto, ma cominciate a pensare col petto. Voi intessete effettivamente il vostro pensare col processo della respirazione; in questo modo stimolate ciò a cui hanno teso gli esercizi. In quanto il pensare diventa sempre più un’attività della volontà, voi osservate che esso si «estrae» prima dal petto dell’uomo e più tardi da tutto il corpo dell’uomo. È come se voi tiraste fuori questo pensare dall’ultima cellula dell’alluce. E se voi studiate con partecipazione interiore quanto è apparso nel mondo in modo quanto mai imperfetto – non voglio difendere la mia Filosofia della libertà –, se lasciate agire su di voi qualcosa di simile e sentite cosa sia questo pensare puro, allora sentite che è nato in voi un nuovo uomo interiore che può portare ad uno sviluppo della volontà a partire dallo spirito.» [Gesamtsausgabe 217, p.148]

Tutto sta nel riuscire a ricreare interiormente per attività propria i pensieri esposti ne La filosofia della libertà fino a sentirne la realtà interiore. Quanto in essa viene esposto non è altro che il risultato di un’attenta osservazione della vita dell’anima propria ad ogni essere umano e della sua relazione con la pratica di tutti i giorni. Sforzandosi pazientemente di percepire nell’interiorità quanto in tale testo viene descritto possiamo arrivare a percepire l’elemento spirituale che vive in noi e ritrovare così l’unità di pensiero, sentimento e volontà, la cui separazione è caratteristica della nostra epoca

9 ottobre 2007



[1] Le indicazioni del numero di pagina si riferiscono all’edizione tedesca.

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