Attraverso il senso della vista noi abbiamo due immagini del mondo, che sovrapponendosi danno luogo alla visione degli oggetti nello spazio tridimensionale. Quando vediamo un tavolo, un cane, un albero o qualsiasi altra cosa, diciamo a noi stessi “Ecco lì un tavolo, un cane, un albero” e così via. L’esistenza nello spazio e nel tempo di esseri e di oggetti è per noi un dato di fatto certo.
Ora provate a fare il seguente esperimento (tenete presente che se siete persone sensibili potreste provare nel farlo un certo senso di smarrimento, simile a una crisi di identità o a un attacco di panico): prendete una fotografia di una cosa o di una persona qualsiasi che conoscete. Voi sapete perfettamente che quella che avete di fronte è solo un’immagine, non la cosa o la persona che conoscete. Se qualcuno vi facesse vedere una foto di un amico e vi dicesse “Questo è Giovanni”, voi non tendereste certo la mano dicendo “Molto piacere” e non vi aspettereste di poter chiacchierare con la fotografia, ma sapreste immediatamente distinguere tra la persona in carne e ossa e la sua immagine. Guardando la fotografia potete dirvi: “Di fronte a me ho un’immagine bidimensionale di Giovanni. Giovanni in realtà non è un’immagine bidimensionale, ma una persona che posso incontrare nello spazio tridimensionale. Io posso distinguere con assoluta certezza la persona dall’immagine data dalla fotografia”.
Ora mettete da parte la fotografia e chiudete un occhio, concentrandovi su tutto quello che riuscite a vedere tenendo lo sguardo fisso; quindi domandatevi cosa state vedendo. Vi direte: “Vedo un tavolo, una sedia, una finestra, un albero” e così via. Se vi concentrate a sufficienza potrete però anche pensare: “Quello che io vedo non è altro che un’immagine bidimensionale che si forma nel mio occhio”. Il vostro occhio infatti è come la camera oscura di una macchina fotografica nella quale, attraverso il cristallino, si forma sulla retina un’immagine che poi viene elaborata dal cervello. Provate a sentire chiaramente il carattere di bidimensionalità di tale immagine. Se vi sforzate di sentire che voi state semplicemente percependo una immagine bidimensionale, allora potrete dirvi: “Così come di fronte alla foto di Giovanni io so che si tratta solo di un’immagine bidimensionale e che Giovanni si trova da tutt’altra parte, allo stesso modo di fronte all’immagine bidimensionale del mondo che il mio occhio mi trasmette io mi devo domandare dov’è il mondo a cui l’immagine mi rimanda.” Se mi approfondisco nel pensiero che io ho solo un’immagine del mondo, posso anche provare un certo smarrimento e perdere all’improvviso il senso della realtà. Quando questo mi succede, allora posso cominciare a domandarmi che cosa sia veramente la conoscenza umana. Come mai quando guardo il mondo, pur sapendo di trovarmi di fronte a un’immagine, io sono convinto di avere a che fare con una realtà che va al di là del’immagine? La percezione data dall’occhio, da sola, non mi pone di fronte ad una realtà, ma solo ad un’immagine a cui qualcosa in me dà valore di realtà. Che cos’è questo qualcosa in me che fa sì che io parli di una realtà?
Se avete sperimentato tutto questo nella vostra interiorità potrete aprire un nuovo capitolo della vostra vita conoscitiva e, cominciando a dubitare di tutto quanto la filosofia ha sostenuto negli ultimi tre secoli da Kant in poi, vi metterete sulle tracce del pensare. Sarà allora per voi venuto il momento di provare a studiare «La filosofia della libertà» di Rudolf Steiner.